DERCOLO – Santo Stefano

Salendo da Mezzolombardo, appena passata la Forra della Rocchetta, sulla S.S 43 incontriamo subito sulla strada, Maso Milano e appena dopo l’abitato di Crescino, salendo verso Campodenno, troviamo il piccolo abitato di Dercolo, frazione di Campodenno, che conta, insieme a Crescino 213 abitanti.

La Curazia di Dercolo, dipendente dalla Pieve di Denno, fu elevata Parrocchia l’11 maggio 1962.

Alcuni cenni storici.

A Dercolo esisteva da secoli un antico oratorio, ricordato da atti risalenti all’anno 1479

L’attuale chiesa è stata edificata nella prima metà del cinquecento.

E’ stata consacrata il 14 novembre 1558: “Anno 1558, di lunedì, il 14 novembre io Marianu de Mano, siculo, per grazia di Dio e della Sede apostolica, vescovo suffraganeo del beatissimo e illustrissimo signore Cristoforo (…) ho consacrata la chiesa e questo altare (…) ho incluso le reliquie dei beati martiri Giorgio, Vitale e Agricola, Apollonia (…)

Stefano de Aquinis cancelliere della Curia vescovile ha scritto:

Nel periodo antecedente all’atto di consacrazione a Dercolo esisteva una chiesa seppur di minori dimensioni dell’attuale. Ne da riprova la lettura della Carta di Regola di Dercolo del 1725: “Ordinamenta regolari hominum et vicinorum villae Erculi plebis Enni”. E’ il momento della terza revisione (indictione tertia) della Carta di regola del paese di Dercolo.

“ Nell’anno 1725, dopo Cristo, “proclamazione terza” un venerdì quattordicesimo giorno del mese di settembre, nel paese di Dercolo nella valle Anaunia, nella diocesi di Trento (…) tutti i vicini unanimi e d’accordo riscrissero tutti gli articoli e i capitoli della Carta di regola (…).

Tra questi gli articoli 4 e 5:

4 “Item hanno ordinato e stabilito che il sindico della venerabile chiesa di santo Steffano di detta comunità ogni anno sii messo per ellettione il giorno di santa Croce il 14 settembre, in pubblica regola, (…);

5 “Item hanno ordinato che il monego o sii campanaro vada per ruoda: quale sii obligato ogni giorno sonare l’Ave Maria di mattina, a mezo giorno e sera parimenti le hore solite (…).

“Gli elementi scultorei dell’Altare Maggiore (dell’intero altare) si fanno risalire all’epoca inizio secolo XVII e come autore sono attribuite alla Bottega di Simone Lenner (att. I metà del sec. XVII), con misure cm 485x260x144, come da foto sett. 1981,n° 16.821.

L’impostazione semplice e lineare e i caratteri stilistici delle sculture consentono di accostare l’opera alla produzione artistica dell’intagliatore Simone Lenner intorno al secondo quarto del secolo XVII. Un buon riferimento è l’altare maggiore di S. Giorgio a Cis (Alta Val di Non a confine con la Val di Sole), realizzato intorno al 1640 ma pagato a Lenner soltanto fra il 1647 e il 1651 (Ciccolini, III, 1965, pag.13) (…). La figura dell’intagliatore Simone Lenner fu studiata a partire dagli anni venti del Novecento; Sina, 1944, pag. 7 anche se con alcune imprecisioni, corrette da Tiziana Leopardi negli anni settanta, che lo ha riportato al suo corretto ruolo di maestro di Giovan Battista Ramus e non di allievo, grazie alla scoperta sia di opere firmate e datate come le balaustre nella chiesa parrocchiale di Pellizzano del 1626, sia dell’atto di nascita del Ramus, datato 1612.

Nonostante ciò, la sua attività non è stata ancora pienamente ricostruita: Lenner potrebbe essere originario della zona del fiume Lech (tra Austria, Baviera e Svevia), come sembrerebbe suggerire il cognome originale Lechner che appare in un contratto da lui sottoscritto a Revò nel 1621.

Giunse in Trentino intorno al 1615, forse chiamato dai nobili svevi Heydorf, signori dal 1581 al 1640 del castello di Ossana (val di Sole) dove Lenner svolse le mansioni di caporale (Webber, 1922).

La sua produzione artistica resta ora circoscritta tra il 1620 e il 1655, anche se da un esame degli atti di nascita di Ossana troviamo notizie indirette di lui fin dal 1616, attraverso Caterina, moglie appunto di “Simon tisler todesco” (Colbacchini, 2003): mantenne la residenza a Ossana per tutta la vita, “diventando vicino” prima del 1643 (Leopardi, 1977) e inviando da lì le sue opere in molti centri delle valli del Noce”.

Gli storici raccontano che in questa chiesa di Dercolo fu celebrata una messa propiziatoria per l’esercito imperiale austriaco che doveva affrontare le truppe francesi, salite da Mezzolombardo, via Fai della Paganella e che scendevano da Cavedago.

Era il giorno 14 marzo 1797, sei giorni prima dell’attacco francese di Salorno e nulla vieta pensare a un’operazione militare di sorpresa e di accerchiamento dell’esercito imperiale di stanza a Salorno o all’avamposto di Mezzocorona.

Il fronte di battaglia si estendeva tra il Maso del Vast e la Rocchetta. L’esercito austriaco era comandato dal generale ungherese Hegg.

Il campanile è stato costruito verso la metà del ‘600; 100 anno dopo l’edificazione dell’attuale navata e abside della chiesa. La data scolpita sul lato sud sulla pietra rossa di contorno, infatti, riporta l’anno 166(la quarta cifra non è decifrabile).

L’orologio, presente sul lato ovest del campanile, risale all’anno 1804, come si legge nell’originale della deliberazione che riassume la volontà dei capifuoco di Dercolo e Cressino, svolta in pubblica regola.

Questo il testo:

“nel Nome di Dio in pubblica regola gli 26 marzo 1804

Fu stabilito secondo il genio del molto Reverendo signor curato di far fare un orologio sula tore di questa chiesa e direzione di questo fu curato autorizzato per provedere il materiale onorevole per detto orologio

Francesco Bertol e Isidoro Endrici

Io Biaggio Maines scrissi dordine”

La sacrestia è stata edificata nell’anno 1801, data riportata e scolpita nella parte interna della feritoia in pietra rossa, nel sottotetto rivolta a sud, verso il cimitero.

La cappella, prima del recupero dell’anno 1992 adibita a locale caldaia, dei canali dell’aria di riscaldamento e ripostiglio, ora recuperata per intero ai fini religiosi, è di epoca recente. Le murature, infatti, sono state realizzate in calcestruzzo, la volta in laterizio per cui la datazione può risalire al secolo scorso.

Nei primi anni sessanta (1960), con l’arrivo a Dercolo del sacerdote don Mario Peder la curazia Santo Stefano di Dercolo si trasforma in parrocchia Santo Stefano di Dercolo.

Nel 1983, precisamente la notte tra il 21 e 22 giugno la chiesa di Dercolo fu spogliata di quasi tutte le sculture lignee: il Cristo risorto, la copia degli angeli dell’altare maggiore, 5 cherubini sempre dell’altare maggiore come pure un angelo annunciante e la Madonna annunciata.

Inoltre, due vasi decorativi nonché gli angeli dei due altari laterali.

Ancora, un ostensorio, un calice e un reliquario tutti argentati.

Grazie all’opera encomiabile di un Comitato, appositamente eletto negli anni seguenti il furto sacrilego in chiesa, le opere lignee furono rifatte, collocate e segnate da un bollino visibile attestante l’anno di costruzione.

Lo scultore individuato fu Petri Egidio: “(…) C’è nella sua opera il calore della vita che scorre (…) Amo il legno, mi confessò un giorno, perché il legno nasce, vive e muore. E voglio che anche i miei lavori nascano, vivano e muoiano. Amo le crepe che si formano negli anni perché sono simboli di vita. Solo così mi sembra che l’arte, metafora della realtà, compia il suo cammino”.

La chiesa di Dercolo e il campanile nei primi anni novanta del secolo scorso conobbero importanti lavori di restauro, precisamente:

-dal 17 aprile al 25 giugno 1992, circa due mesi, per i lavori esterni alla chiesa e alle coperture;

-dal 11 agosto al 12 settembre 1992: un mese esatto per i lavori al campanile;

-dal 30 novembre al 24 dicembre: meno di un mese per i lavori interni alla chiesa con recupero al culto della cappella “dei omeni” (degli uomini).

Tra l’altro, durante i lavori agli esterni della chiesa il professor Pier Paolo Borgogno, esperto anche in restauro di meridiane, si mise all’opera per studiare la meridiana presente sul lato sud della chiesa di Dercolo che, a causa dell’abbandono e delle intemperie vissute e sopportate per decenni se non per secoli, era ridotta in malo modo. Con tanta pazienza e per diverso tempo la meridiana fu studiata nei minimi particolari.

Pure nel decifrare il suo messaggio. Fu individuato ma con tanta fatica e tanto studio e la scoperta delle tre lettere al centro della meridiana, in alto, quasi scomparse e indecifrabili LHX fu determinante per capire il pensiero e la volontà che i nostri avi e progenitori volevano e desideravano trasmetterci e ricordarci.

CUM UMBRA NIHL LHX SINE UMBRA NIHL

CON L’OMBRA NULLA, SENZA OMBRA NULLA

poiché

LA LUCE DELL’UOMO E’ SOLO CRISTO

Nel dicembre 1993 la chiesa di Dercolo è stata arricchita dell’organo a canne che grazie alla capacità e abilità del maestro organaro Giorgio Deflorian di Tesero è stato smontato nella chiesa parrocchiale di Palù di Giovo, trasportato e installato nella chiesa di Dercolo.

E’ stato inaugurato a Santo Stefano 1993 con un concerto d’organo, eseguito dal maestro Rattini, organista titolare della Cattedrale San Vigilio di Trento.

L’organo a canne, ora presente nella chiesa di Dercolo, nasce dalla produzione della Ditta Mascioni; è caratterizzato da sei registri musicali più due estensioni. Anno di costruzione 1947.

La piccola Chiesetta di Crescino (esterno e interno)
La Ditta Mascioni ha iniziato l’attività di costruzione d’organi nel 1827 con Giacomo Mascioni che avviava il primo laboratorio a Comacchio nella frazione di Cuvio.

Nel 1895 il nipote Vincenzo costruisce un nuovo stabilimento di Azzio, dove ha tuttora sede l’impresa. Alla vigilia della seconda guerra mondiale la Ditta cambia nome con la denominazione “Famiglia artigiana Vincenzo Mascioni” e l’organizzazione rispecchia l’impostazione della tradizione di famiglia.

Nel primo dopo guerra nella ditta lavorano circa 40 persone, producendo circa 20 organi all’anno, tra questi c’era anche il nostro, per cui realizzare un organo necessitava, ai tempi, mediamente circa il lavoro di due artigiani specializzati/anno.

In chiesa a Dercolo, davanti ai banchi di destra, troviamo la consolle, cioè l’insieme dei manuali, delle staffe, dei comandi di registro, di unione e di cancellazione a disposizione sullo strumento. La trasmissione è del tipo elettrico per cui è stato possibile collocare il gruppo ventilante, il mantice, i somieri, le canne dietro all’altare maggiore.

L’organo a canne è uno strumento di lunga tradizione, scelto da secoli come il più adatto al supporto e all’accompagnamento del canto dell’assemblea e ispiratore di composizioni musicali in grado di elevare gli animi a Dio.

Ogni organo rappresenta un “unicum”, realizzato in modo artigianale e pensato per l’ambiente nel quale sarà collocato: una distinzione rispetto agli altri strumenti musicali.

Non da ultimo, l’organo a canne, nella sua struttura e nel suo funzionamento, ben rappresenta l’immagine della comunità in tutte le sue manifestazioni: come ogni individuo, ogni sua canna possiede una propria personalità, ma anche la capacità di dialogare ed entrare in comunione con le altre e di unirsi a loro per formare una sola voce armoniosa che si esprime a lode e gloria a Dio come un cuore solo e un’anima sola”.

“A Canale io sono stato fanciullo di famiglia povera. Ma quando, entrando in chiesa, sentivo l’organo suonare a piene canne, dimenticavo i miei poveri abiti, avevo l’impressione che l’organo salutasse particolarmente me e i miei compagni come altrettanti principi. Di qui la prima, vaga intuizione, diventa in seguito certezza convinta, che la chiesa cattolica non è solo qualcosa di grande, ma che fa grandi anche i piccoli e i poveri, onorandoli e innalzandoli”.

Albino Luciani (Papa Giovanni Paolo I)